La parola “olocausto”, a noi, uomini di questo secolo, fa immediatamente venire alla mente gli orrori della strage nazista. Per la verità, l’uso del termine “olocausto” riferito alle persone non è appropriato dal momento che, il suo utilizzo, è da riferirsi precisamente all’offerta degli animali come sacrificio a Dio. Per il culto ebraico è improponibile il sacrificio di esseri umani, Dio l’ha vietato!

L’olocausto, pertanto, si riferisce a elementi della natura che l’uomo brucia interamente, senza riservarsi nulla per sè, proprio come radicale attribuzione a Dio di ogni bene posseduto. Oggi facciamo fatica a capire una pratica di questo genere ma è bene che ne cogliamo il senso: totale resa a Dio, creatore e Signore dell’universo.

Siamo in quaresima. Sappiamo che una delle pratiche che la liturgia ci suggerisce è il digiuno, una scelta deliberata dove esprimere la relatività di ogni cosa a Dio e, insieme, il bisogno di abbandonare ciò che appesantisce e assopisce il vigore della vita spirituale.

Proviamo ad applicare al digiuno la parola olocausto: si tratta non solo di tagliare qualche appendice delle nostre abitudini o dei nostri vizi ma di colpire alla radice quelle dipendenze che non ci fanno godere appieno della vita che Dio ci ha donato! Si può pensare anche ad olocausti spirituali come quello di Abramo… disposto a sacrificare il figlio…