«Tobi proclamava davanti a loro che Dio aveva avuto pietà di lui e che gli aveva aperto gli occhi». In queste parole c’è tutto il gusto della sapienza antica che riconosceva l’intervento provvidente di Dio nella propria storia come la cosa più pacifica. Una guarigione non era solo frutto di una cura ben riuscita da parte di un medico ma anche, e soprattutto, una grazia concessa per amore da parte di Dio. Per la verità, valeva anche il discorso inverso: anche una malattia o una prova era sempre attribuita a Dio… seppure con la convinzione che fosse propedeutica a qualcosa di più buono e favorevole. Tutto era dentro una relazione permanente tra l’umano e il divino: non c’era nulla che potesse considerarsi escluso dall’intervento di Dio… Oggi, il pensiero più diffuso è quello che esclude totalmente l’esistenza stessa di Dio… poi, c’è una parte altrettanto consistente, che seppure crede in Dio, lo considera ininfluente sulla scena delle sfide quotidiane! Insomma: Dio c’è ma l’uomo, lungo il corso della sua vita, è solo, se la deve cavare senza ausili divini particolari! Dio rientra in gioco solo per la vita dopo la morte… Ritroviamo prima possibile la ferialità del nostro rapporto con Dio: ci accorgeremo quanto davvero conta… Buona giornata