L’alternativa secca tra il fare e il contemplare non è mai corretta: non ha senso dire che vale di più l’una o l’altra dimensione, entrambe sono necessarie. Però, è chiaro come, già nella prima comunità cristiana, il problema si pone: le necessità immediate delle persone come il mangiare, il bere, il vestirsi hanno una urgenza e una vastità tali che difficilmente si riesce ad assolvere in poco tempo… la preghiera appare come qualcosa che si può tranquillamente rimandare perché non così stringente.

Alla fine, salvaguardare la vita biologica è istintivamente il primo dei bisogni che appaiono alla coscienza, tutto il resto è corollario. A questa tentazione efficientista i cristiani della prima ora pongono subito un freno: è vero che occuparsi dei poveri e dei bisognosi è uno dei comandi più chiari che Gesù ha dato ai discepoli ma non meno della cura nella relazione con Dio! Senza la preghiera e l’ascolto della Parola anche il servizio degli ultimi perde di colore e di motivazione: occorre che ci si dedichi con altrettanta solerzia alla contemplazione!

Non è difficile incontrare persone che manifestano indifferenza verso il mondo della spiritualità mentre mostrano grande attenzione per le opere di carità: vigiliamo sulla tentazione di rendere la vita una nostra opera più che un miracolo da riconoscere e per cui ringraziare!