Siamo stimolati, fin da piccoli, a imparare ogni cosa per acquisire autonomia. Il miglior risultato che un educatore vanta è quello di aver reso chi gli è stato affidato capace di camminare da solo, con le proprie gambe. È sbagliato? In generale, direi proprio di no! Anzi: siamo spettatori di una scarsissima indipendenza dal mondo adulto – in specie dai genitori – delle nuove generazioni…
Sta di fatto, però, che l’esasperazione dell’autonomia mina alle basi la consapevolezza della necessità dell’altro: nessuno uomo è un’isola! Nessuno può considerarsi bastante a se stesso! L’altro ci è necessario! La nostra identità ha proprio questo tratto caratteristico: viviamo, siamo nutriti, dalla relazione con gli altri!
Gesù diventando uomo e mettendosi in fila con i peccatori ci insegna questa disposizione alla relazione: lui che è Dio e potrebbe fare tutto da solo chiede a Giovanni Battista di battezzarlo, di immergerlo nel destino proprio dell’umanità. Gesù dichiara di salvare l’uomo con l’uomo, non autonomamente!
Giovanni Battista inizialmente vorrebbe opporsi: ha in mente la logica per cui Dio è Dio e l’uomo e l’uomo, ognuno indipendente dall’altro… alla fine cede e obbedisce, entra in relazione… lascia fare! Lasciar fare all’altro è un segno grande di fede, di vero abbandono.