XXXI DOMENICA T.O. – 1 novembre 2020

Dal Vangelo secondo Matteo 5, 1-12

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

LA PAROLA PROPOSTA DAI NOSTRI SACERDOTI

BEATI I MITI PERCHÉ AVRANNO IN EREDITÁ LA TERRA”

Molti considerano le beatitudini “il cuore” dell’intero Vangelo.

La loro formulazione è paradossale perché, come il vangelo, sono fondate sulla persuasione che la verità è spesso al di là di ciò che comunemente si ritiene ovvio e scontato.

Le beatitudini invitano il discepolo a vivere paradossalmente, a vivere cioè secondo criteri che sono in netta antitesi con il senso comune.

Quando si leggono le beatitudini è sempre importante tenere presente che:

  1. L’uomo che le incarna pienamente è Gesù.

  2. Proclamano una gioia che è diversa da quella del mondo, non è fondata sul possesso e il successo, ma sul dono di sé

  3. La promessa di un capovolgimento di condizione è dono di Dio. Ogni gruppo di persone nominato è beato “perché” Dio fa qualcosa per loro.

  4. La promessa è già di questo mondo e non riguarda solo l’aldilà. La beatitudine dei miti fa riferimento esplicito alla terra.

Il filosofo francese Finkelkraut dice: “La bontà … non è un dato immediato della coscienza … è innanzi tutto un avvenimento” credo possa valere anche per le beatitudini.

La bontà non è un bene sovrano, né un dato immediato della coscienza (…) La bontà è innanzi tutto un avvenimento. Bisogna che qualcosa avvenga all’io, perché questo cessi di essere “una forza che va” e si desti allo scrupolo. Questo colpo di scena è l’incontro con l’altro uomo o, più precisamente, la rivelazione del volto.”

Pensiero di Alain Finkelkraut