V DOMENICA T.O.  –  9 febbraio 2020

Dal Vangelo secondo Matteo 5, 13-16


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”.

LA PAROLA DA VIVERE proposta dai nostri sacerdoti

“SE IL SALE PERDE IL SAPORE”

“Una malattia si sviluppa lì dove c’è vita. Una piaga fa male perché vulnera un corpo vivo. La santità è il tentativo di mantenere la vita viva, di non lasciare che vada a male, di non permettere che l’eccesso di vita diventi principio di fine. Ecco perché è sbagliato pensare che la santità consista solo in un facile buonismo da quattro soldi: piuttosto, essa è una dolcezza a caro prezzo, così come il sale sa fare una piaga.”

“Sale, non miele” di Luigi Maria Epicoco

Il brano di Vangelo di questa domenica lo abbiamo sempre interpretato in riferimento alla necessità di dare sapore.

Trovo interessante la riflessione di questo sacerdote e filosofo che nel suo libro presenta la fede come qualcosa che brucia, come il sale su una ferita. Fa male sì, ma proprio per questo le impedisce di “marcire”.

Ricordiamoci, fratelli nella fede, che dobbiamo essere: sale che da sapore ai nostri ambienti di vita, sale che cura le ferite degli uomini.

Nell’immaginario comune il sale non può perdere sapore, ma Gesù ci mette in guardia sul fatto che questo potrebbe accadere se non vigiliamo su noi stessi; questo renderebbe “inutile” la nostra vita.