XXIII DOM. T.O. – B – 9 SETTEMBRE 2018
«Lo prese in disparte, lontano dalla folla» (Mc 7,33a)
È forte il contrasto tra l’azione delicata e sommessa di Gesù, che porta in disparte il sordomuto che gli presentano, e l’esplosione di gioia irrefrenabile che anima la gente dopo la guarigione miracolosa, quasi che non riescano ad evitare di annunciare a chiunque quello che Gesù ha compiuto, perché «ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
Eppure non si tratta del primo gesto simile compiuto dal Cristo, erano già state numerose le guarigioni miracolose. Forse questa reazione, apparentemente esagerata, della folla si verifica perché il tutto avviene in territorio pagano, nella Decàpoli, dove ancora non conoscevano i suoi prodigi. Forse però la causa deriva anche dalla particolare azione che Gesù compie in questo contesto e per questo intervento; non siamo davanti semplicemente ad una guarigione ma quasi ad una seconda creazione del sordomuto, che grazie a Gesù inizia una vita nuova. La gestualità solenne, il sospiro al cielo, la parola effatà, caricano di importanza unica questo evento. Il sordomuto diventa immagine di tutti gli uomini, forse in particolare dei pagani che abitavano quella regione, che incontrando Gesù si aprono ad udire una parola nuova, quella del Vangelo, e incominciano a parlare per la prima volta.
L’intervento pacato, riservato, in disparte, di Gesù nella nostra vita ha il potere di aprirci ad una realtà nuova, luminosa, colorata, armonica e musicale; ha il potere di aprirci alla vita eterna. Sentiamo per noi tutto il potenziale rinnovatore e rinvigorente della parola di Gesù: «Effatà!»