XXII DOM. T.O. – B – 2 SETTEMBRE 2018

«Ma il suo cuore è lontano da me» (Mc 7,6b)

Il rimprovero di Gesù ai farisei deve risuonare ancora oggi dentro la vita di ciascun battezzato, perché venga rilanciato l’impegno della ricerca mai conclusa della profonda comunione con Cristo. Questa comunione non può fare a meno di passare attraverso le pratiche rituali che la Tradizione cattolica tramanda da secoli, ma sempre chiede che si tenga lo sguardo alto verso la meta vera del cammino cristiano, che è Gesù stesso.
È fondamentale la cura delle nostre azioni di culto, la disciplina nella vita di fede, ma soltanto quando è riflesso di ciò che portiamo dentro il cuore, quando rispecchia la cura che ci sforziamo di avere per il legame che ci unisce al Cristo, nostro Signore.
Chiediamoci in questa giornata dove sta il nostro cuore, se abita presso Dio e a lui innalza la lode per la sua misericordia infinita oppure se l’abitudine e la tiepidezza l’hanno allontanato da lui, e la nostra vita cristiana è soltanto una crosta di gestualità e presenze inanimate nel profondo della nostra persona.
Dal momento dell’incarnazione, la suprema esperienza religiosa che possiamo vivere è diventata fare l’uomo, vivere cioè un’umanità piena, come quella vissuta dal Figlio di Dio nato da Maria, rifuggendo il male e il peccato e ricercando la santità. Chiunque voglia vivere questa umanità risorta, fin da oggi deve lottare contro l’ipocrisia e la doppiezza che porta a onorare Dio con le labbra e i gesti ma non con il cuore. Soltanto un cuore unificato in Cristo, educato alla scuola del Vangelo, può avvicinarsi all’esempio che il Maestro ci ha lasciato da imitare.