“Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete”:
Giovanni, in carcere, sentendo parlare di Gesù, nutre dubbi sulla sua messianicità e decide di mandare i suoi discepoli a informarsi da Lui. La risposta di Gesù non è diretta, ma rinvia alle sue opere, tra cui, da ultimo, è contemplato anche l’annuncio del Vangelo ai poveri: considerato alla stregua degli altri miracoli elencati, tale annuncio diventa la chiave per capire la reale messianicità di Gesù. In altre parole, potremmo dire che Gesù è un Messia diverso dalle attese umane; questa diversità esige una conversione, non tanto morale, ma nello sguardo di fede, nel modo di credere.
L’insistenza che nel brano si ha circa il verbo “vedere”, riferito sia alle opere di Gesù sia alla figura di Giovanni il Battista, richiama la visibilità, la concretezza della presenza del Regno in mezzo a noi. Una visibilità e una concretezza che emergevano anche nella conversione richiesta dal Battista nel Vangelo di domenica scorsa (“Fate dunque un frutto degno della conversione”) e che troverà compimento nel Natale (“Il Verbo si è fatto carne”). Una visibilità e una concretezza che invitano, appunto, a uno sguardo rinnovato, capace di cogliere, nei segni che la vita ci offre, il Regno che viene. E solo l’ascolto della Parola di Gesù e la comunione con Lui ci guidano oltre la superficie, la scorza delle cose, per vivere fino in fondo questo cammino di conversione.
Anche oggi possiamo vivere le stesse domande su Gesù che albergavano nel cuore degli uomini duemila anni fa. Anche oggi siamo chiamati a “udire” e a “vedere”, e a darne testimonianza.