Il cammino della nostra vita assomiglia spesso al cammino dei due discepoli di Emmaus. Siamo condizionati dalle esperienze che ci pesano addosso, il volto è triste, si cerca quasi di allontanarsi dal passato ala ricerca di una serenità che però non abita da qualche parte. Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. I discepoli fanno un pezzo di strada senza accorgersi che la soluzione cammina accanto a loro. Il male, proprio perché fa male si impone alla nostra attenzione. Il male sembra più vero, più nostro, più definitivo e determinante, si tocca con mano. La soluzione è lì ma non si vede, non ci appartiene. L’esperienza religiosa è definita spesso da un dinamismo, da un crescendo che tende a un culmine. Nel racconto dei discepoli di Emmaus tutto questo si vede molto bene. Il male continua ad esserci ma il cuore comincia ad ardere, c’è un interesse che si sposta dal dolore a qualcosa d’altro finché si arriva a una pienezza: si aprirono i loro occhi e lo riconobbero. Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Questa settimana viviamo concentrati non sul dolore che c’è e che ci fa male ma sulla divina soluzione che pure c’è ma che facciamo più fatica a vedere