«Ricordatevi dei carcerati, come se foste loro compagni di carcere, e di quelli che sono maltrattati, perché anche voi avete un corpo». Eb 13,1-8. La cronaca di questi giorni racconta di un giovane pestato a sangue, ridotto a fin di vita. Il motivo? Nulla. Solo per sfogare un istinto violento di quell’istante. Fa impressione tanta freddezza. Questa anaffettività diffusa ci deve interrogare. Non si può non riconoscere che i contenuti veicolati dalla cultura diffusa hanno una evidente connotazione aggressiva. I sentimenti sono cose del cuore ma sono pure frutto di una educazione. I buoni sentimenti e i cattivi sentimenti sono legati a esperienze precise della storia personale e sociale. Proviamo a valutare quale è lo sguardo dell’opinione pubblica sui carcerati e sugli “sbagliati” della società? Non è forse fomentato un atteggiamento di astio, di rabbia, di sdegno, di collera? Tutti questi sentimenti coagulano fermenti di malessere, di indisposizione e di pregiudizio che, nei soggetti più fragili, arrivano anche a scelte di efferata violenza. Il Papa, più volte, ha invitato a promuovere una cultura della tenerezza: quanto è necessaria! Siamo deficitari di gesti di pietà, di empatia, di cura, di comprensione… Non significa dire che il male è bene ma che le persone non sono il male sì! Buona giornata